Basso Lelio, Nenni Pietro
Lelio Basso, Pietro Nenni - Carteggio. Trent'anni di storia del socialismo italiano
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Nel primo periodo i personaggi che compaiono nella corrispondenza sono tre: Basso, Nenni e Morandi. Nel’50 lo scontro fu tra Basso e Morandi. La crisi si concluse nel settembre ‘50 con le “dimissioni” di Basso dall’Esecutivo nazionale del partito. Basso rimase poi fuori dal gruppo dirigente socialista fino al ‘55.
Il disaccordo di Basso con Nenni maturò via via che Nenni andò correggendo, a partire dal 1953, la politica socialista verso il superamento della politica unitaria Psi-Pci. Mentre i partiti della socialdemocrazia dei paesi del nord Europa, dal governo, ma anche dall’opposizione, procedevano nella costruzione di una società più civile e riformata, il Psi si trovò, nel dopoguerra, a operare nella strettoia della politica italiana, costituita da una parte da una forte Dc, dall’altra da un forte Pci, che riuscì a conquistare la guida delle masse e l’egemomia culturale nel paese. Lo scontro fra governo Dc e opposizione di sinistra fu duro.
La disfatta del Fronte popolare nelle elezioni del ‘48 e la disfatta del Psi all’interno del Fronte segnarono per molti anni il binario della politica italiana. Nenni fu il primo ad avvertire il significato di quella disfatta. Nei suoi Diari (30 aprile 1948) annotò: [coi comunisti] «non si vince in occidente». Ma per molto tempo questa fu solo una confessione fatta a se stesso, senza effetto nella realtà. Basso eprimerà la stessa idea dieci anni dopo: in una lettera a Nenni (29 gennaio 1959) scrisse: «La formula [dei comunisti] è oggi un ostacolo all’avanzata democratica nell’occidente». Ma ogni volta che esprimeva un giudizio critico verso il Pci o l’Unione Sovietica, aggiungeva che non intendeva essere un anticomunista.
Al congresso di Torino, 1955, Nenni impostò il problema di una possibile correzione della politica conservatrice della Dc, data la presenza in essa di larghe masse popolari cattoliche, che avevano gli stessi interessi sociali delle masse popolari socialiste e comuniste. La Dc poteva cambiare. Basso considerava invece la Dc immutabile. Ne identificava il ruolo nella società italiana con quello del fascismo senza fascismo. Giudicò un’illusione la speranza che le forze popolari della Dc potessero mai fare della Dc un partito democratico, capace di fare una politica democratica.
Questo fu il nocciolo del dissenso. E quando stava per nascere il primo governo Moro a partecipazione socialista (dicembre ‘63), Basso guidò la rivolta che portò alla scissione del Psiup: un partito col quale Basso non riuscì mai a identificarsi e dal quale uscì dopo l’invasione della Cecoslovacchia dei carri armati sovietici (1968), che il gruppo dirigente del Psiup giustificò Il dissenso di Basso con Nenni, negli anni in cui il Psi discusse sulla possibilità di un accordo con la Dc, fu sempre più netto. Ma Nenni cercò sempre, quando poté e finché poté, la collaborazione di Basso. A sua volta Basso accompagnò sempre la sua contrarietà alla proposta politica di Nenni con manifestazioni di amicizia. In una lettera del giugno ‘60 scrisse a Nenni: «Non è senza rammarico, e anzi con una punta di amarezza, che mi trovo a lottare contro di te».