Max Scheler. Fenomenologia e spirito del capitalismo

Vittorio d'Anna

Max Scheler. Fenomenologia e spirito del capitalismo

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    In un periodo drammatico della storia tedesca, quello che immediatamente precede e segue la «grande guerra», Scheler viene formulando una critica al capitalismo, più radicale di quella di Marx: dietro i sistemi economici e sociali starebbero le relazioni fra gli uomini nei sentimenti.

    Non si tratta di affermare, contro la realtà delle cose, il senso dell'interiorità, ma di riconoscere che la vita non è determinabile in base a fattori materiali esterni né si lascia schiacciare sulle forme della razionalità, ma è sorretta da una sua propria logica, tanto rigorosa quanto quella che governa l'astronomia.

    Dietro la critica all'homo capitalisticus e al recupero del pentimento come condizione collettiva di liberazione sta, nella riproposizione dell'atteggiamento fenomenologico, la scoperta del darsi l'esperienza lungo direttrici essenziali di valore.

    Ma poi Scheler — negli scritti più tardi — farà anche valere il fatto della realtà. Così, tendendola fra istanze opposte, non chiude la sua riflessione in un orizzonte ben definito, ma la carica di materiali di diversa estrazione, quali la fenomenologia husserliana, la filosofia nietzschiana della vita, la temporalità bergsoniana, la psicologia comprendente diltheyana e finanche il platonismo delle idee.

    L'intenzione non è però di ricomprendere tutto in un'indeterminata commistione ma, all'opposto, di lavorare per un pensiero aperto, volto più ai problemi che alla ricerca delle soluzioni.


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