Nel quadro del nuovo corso politico cinese si parla, per la prima volta dalla svolta comunista del 1949, di una "fase nuova nella questione religiosa" riconoscendo l'apporto che "i credenti possono dalle alla stabilità e alla modernizzazione del paese e a comprendere meglio le questioni mondiali". Una novità significativa.
Giovanni Paolo II aveva proposto di "ripartire" dal metodo del gesuita Matteo Ricci (1552-1610), fattosi "cinese tra i cinesi" nell'intento di favorire l'incontro tra il Vangelo e la millenaria e confuciana civiltà cinese, per aprire "un dialogo con le autorità della Repubblica popolare cinese". Il libro ricostruisce secoli di storia, dai tempi di Marco Polo, quando l'obiettivo dei papi era di convertire il popolo cinese al cristianesimo, al periodo tormentato in cui la Santa Sede accettò per i missionari la "protezione" delle potenze colonialiste occidentali che occupavano parti della Cina. Ripercorrendo le aspre polemiche tra Vaticano e Cina, l'autore si sofferma sui nuovi orientamenti del magistero pontificio e sulle aperture politiche dell'attuale gruppo dirigente cinese alle forze più dinamiche della società. Aperture necessarie per avviare, dopo i successi dell'"economia socialista di mercato", la sperimentazione della democrazia cinese. Dove va la Cina "comunista"? Come si colloca oggi sul piano internazionale?