«Le leggi fatte da una sola frazione di cittadini non possono, per natura di cose e d’uomini, riflettere che il pensiero, le aspirazioni, i desideri di quella frazione: rappresentano, non la Patria, ma un terzo, un quarto, una classe, una zona della patria.La legge deve esprimere l’aspirazione generale, promovere l’utile di tutti, rispondere a un battito del core della Nazione. La Nazione intera dev’essere, dunque, direttamente o indirettamente, legislatrice. Cedendo a pochi uomini quella missione, voi sostituite l’egoismo d’una classe alla Patria ch’è l’unione di tutte. »
Doveri dell’Uomo può essere considerato il testamento spirituale di Giuseppe Mazzini. Esso espone in una forma piana e accessibile il pensiero politico del padre della democrazia italiana che, per la sua capacità di individuare l’onda lunga della storia, è stato definito il «contemporaneo della posterità». Il saggio, frutto della piena maturità, iniziato nel 1841 e completato solo fra il 1859 e il 1860, è dedicato agli operai italiani.
A loro Mazzini rivolge questo vero e proprio manuale di educazione civile, nel quale delinea una strategia riformatrice capace di liberarli da una condizione che non ammetteva alternative fra acquiescenza e scetticismo da un lato, e un sovversivismo privo di concrete prospettive politiche dall’altro.
La storiografia inglese ha definito Mazzini come il padre del «nazionalismo liberale ». Egli è però anche il solo scrittore politico dell’età che va dall’Illuminismo al Positivismo che si sia battuto, al pari di Condorcet, contro tutte le forme di discriminazione che hanno ostacolato l’avvento della democrazia e che tuttora ne minacciano la stabilità: la discriminazione del censo e della nascita, quella razziale e religiosa e quella del sesso.
Certamente non vi è scritto di Mazzini che possa rappresentare in modo più completo la ricchezza e l’attualità di un pensiero in cui, per usare un’espressione di Ignazio Silone, «scintillano ancora molte faville d’una spiritualità durevole quanto il genere umano».