Escapade

Evelyn Scott

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    "Avuta, giovanissima, l'intrepida avventura di una fuga dal Brasile con un uomo povero e marito di un'altra, ha lasciato un libro autobiografico... Uno stile duro, freddo, sempre amaro d'istinto, che rimarrà un esempio di ardita forza" (Elio Vittorini, Americana)

    "Evelyn Scott scriveva piuttosto bene, per essere una donna" (William Faulkner)

    Nel 1913 una ragazza minorenne, incinta, fugge in Brasile con un uomo che potrebbe essere suo padre, suscitando uno scandalo di cui si impadronisce la stampa. Rimane in Sud America sei anni, in una zona remota, affrontando prove durissime, miseria, sofferenza, disprezzo. E' la storia di una sfida: una delle molte sostenute da questa giovane nata nel 1893 nel Tennessee, che si è lasciata alle spalle una casa in stile Via col vento, un'adolescenza di "ardente femminista" e persino il suo nome vero, per chiamarsi Evelyn Scott, consapevole, forse, che la sua vita somiglierà a quella di un'eroina romanzesca degli anni Venti.

    Tornata in America, Evelyn Scott diventa improvvisamente una stella del firmamento letterario di New York: la sua carriera di scrittrice è vertiginosa. Quando pubblica le sue prime poesie, William Carlos Williams le scrive: "Lei è - oltre a H.D. - l'unica donna che possa far poesia oggi".

    E Sinclair Lewis, dopo aver letto il suo primo romanzo, The Narrow House: "Salutiamo Evelyn Scott. E' una di noi; una che sa; un'artista autentica. Il suo libro è un avvenimento". Escapade (In fuga), il diario del suo periodo brasiliano, s'impone nel 1923 come storia di uno scandalo e di una ribellione ai codici sociali. Ma Evelyn sembra avere anche il dono della divinazione critica: scrive il suo primo lungo saggio americano su Joyce, Un contemporaneo del futuro, e "lancia" Willian Faulkner, allora agli esordi, convincendo il proprio editore a pubblicare L'urlo e il furore. Quando però Faulkner riceve il Nobel nel 1950 Evelyn non pubblica più da tempo; morirà nel 1963, dimenticata, lasciando dietro di sé poche tracce e molti enigmi.

    Elio Vittorini, nell'Americana, scopriva Evelyn Scott tra i "piccoli scrittori irrequieti" degli anni Venti - Robert McAlmon, Waldo Franck, Ben Hecht - e pubblicava alcune pagine di Escapade nella traduzione di Eugenio Montale. "Non le ho più dimenticate" scrive Marisa Bulgheroni nel commento alla prima edizione italiana (1988). "Il libro brasiliano di Evelyn si colloca sullo scaffale di quei rari testi autobiografici (Walden di Thoreau, La mia Africa di Karen Blixen) che usano la prima persona singolare come un appostamento, un osservatorio tramite il quale rivelarci un mondo mai fino allora immaginato - si tratti di un lago tra i boschi,di un continente o dello spazio psichico".

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