Nella tradizione occidentale, Tiresia nasce con il celebre passo del Libro XI dell'Odissea, nel quale Odisseo consulta il profeta tebano per avere notizie del suo ritorno a Itaca. Grazie ai misteri presenti nelle versioni sull'origine dei suoi poteri divinatori, l'indovino vive una lunga vita, caricandosi di significati nuovi in ogni epoca e adattandosi così ai cambiamenti culturali, alle rivoluzioni di pensiero e alle situazioni storiche in cui si trova immerso.
Tiresia è il personaggio dagli indistinti confini, uomo e donna, consigliere politico, "maestro di verità": meditore tra gli déi e gli uomini, tra i due sessi, tra la vita e la morte; legato in maniera speciale a Tebe e al problema delle origini.
Per la sua esperienza di metamorfosi, Tiresia è caratterizzato dall'ambiguità sessuale, è un ermafrodito e un transessuale. Infine, è immagine del poeta-profeta, che canta e scrive poesia per ispirazione divina. Come personaggio sessualmente ambiguo e come incarnazione del poesta, Tiresia sopravvive fino ai nostri giorni, sino alla Terra desolata, nella quale T.S. Eliot unisce entrambi gli aspetti, presentando l'indovino come una concrezione di miti nella quale si fondono le diverse storie che lo riguardano.
Tiresia si reincarna nel poeta-profeta nel romanzo di Primo Levi, La chiave a stella, dove si presenta come testimone inascoltato del male che viene dagli "dèi" di Auschwitz. In questa veste risiede in parte il fascino che la figura del profeta di Tebe ha per i lettori moderni.
Leggendo i segni del passato e sulla base della propria esperienza personale, avvalendosi del potere della parola, il profeta-scrittore diviene testimone del proprio tempo e lancia il suo messaggio al futuro, destinato a rimanere inascoltato.