La democrazia, il regime politico che si basa sui diritti individuali, su regole che intendono assicurare il pacifico trasferimento del potere da un gruppo politico a un altro, sulla convivenza di Stato e mercato, è il regime politico già instaurato o in corso di realizzazione nella stragrande maggioranza dei paesi. Dahl rileva che «governo del popolo» è risultato essere un problema tanto più ambiguo e controverso in quanto nozioni derivanti da esperienze greche, romane, medievali, rinascimentali e moderne si sono venute intrecciando fino a produrre sistemi di idee e concezioni politiche incoerenti e confuse. Bisogna dunque tornare coraggiosamente alle domande di fondo della teoria democratica, confrontandole con le obiezioni dei critici e dell’esperienza storica.
Che cosa designa un qualsiasi aggregato di persone come «popolo» capace di autogovernarsi?
La democrazia è un insieme di istituzioni politiche o un processo? Il processo democratico è giustificato anche quando conduce a risultati ingiusti o immorali?
Per queste domande teoriche sono necessarie solo risposte «ragionevoli», capaci di combinare rigore formale e approfondimento empirico. Dahl risponde di volta in volta ai critici della democrazia, e giunge a interrogarsi sulla possibile «terza trasformazione» dopo quelle della nascita della città-Stato e dello Stato-nazione.
Sono qui riproposte le sue ormai classiche argomentazioni a favore della democrazia economica, dell’introduzione di norme democratiche anche nel governo attualmente dispotico dell’impresa, e si interroga sulle due principali minacce che insidiano oggi la democrazia.
La prima riguarda il ruolo di nuovi possibili «custodi», scienziati e specialisti, che possono soverchiare un demos sempre meno in grado di conoscere e valutare i problemi su cui dovrebbe decidere. La seconda investe un nuovo mutamento di dimensione della politica, dallo Stato-nazione agli spazi transnazionali occupati dal mercato globalizzato.