
Michele Ficco
La gioventù che resta. La storia del partigiano Michele, della brigata e del Palazzo Campana
Il racconto di Michele, nella Torino della Resistenza, si dipana come un soggetto cinematografico in sui si intrecciano tre storie.
La sua di giovane partigiano ventenne: la vita quotidiana in montagna, le amicizie, la guerra e soprattutto quella primordiale dialettica di morte e felicità di cui ha scritto Italo Calvino.
La storia tormentata della brigata Campana che opera nella Val Sangone, alla cintura e alla periferia sud di Torino, fino al trasferimento a Bardassano sopra Superga e che, a un mese dall'insurrezione, aderisce a Giustizia e Libertà.
Infine la storia di un nobile palazzo del Settecento, che durante il fascismo è diventato la casa del Littorio, odiata dai torinesi, e che, liberato dai partigiani, da sessant'anni viene chiamato palazzo Campana.
Nel 1967-1968 è stato la fucina del movimento studentesco non solo torinese.
Ma nessuno o quasi conosce l'origine di quel nome: Felice Campana era il nome partigiano del marchese Cordero di Pamparato, assassinato dalle brigate fasciste il 17 agosto 1944. "Allora - dice Michele - ho imparato il gusto della libertà e il valore della giustizia. Avevo poco più di vent'anni, ma questa gioventù resta, resta tutta la vita".
E' bene che lo tengano a mente i giovani d'oggi. La democrazia non è un dono, ma una crescita continua il cui fondamento e valore si apprende soprattutto da giovani.