[…] La ruota del tempo risente in modo consistente dell’approccio di tipo lessicale che avevo sperimentato e messo in atto negli anni trascorsi a Roma, come appare chiaro fin dal primo capitolo che è dedicato a due archetipi concettuali e linguistici: asinità e pedanteria.
Naturalmente non ero, e non sono mai stato, uno storico della lingua, tanto meno un lessicografo; nei miei studi mi spostai quindi rapidamente da un’analisi di carattere lessicale e terminologico a un’indagine di carattere storico-filosofico concentrandomi in modo particolare sui lemmi ‘asinità’ e ‘pedanteria’, e la loro complessa presenza negli scritti del Nolano; ma li utilizzai per mettere a fuoco la violenta polemica di Giordano Bruno sia nei suoi testi italiani che in quelli latini contro la Riforma di Lutero, di Calvino e in modo specifico contro i puritani inglesi.
Ritengo, a distanza di tanti anni, che aver sviluppato questo motivo – ormai accolto in genere dalla critica bruniana – sia uno dei meriti del libro, anche per gli elementi di novità che questo approccio consentiva di mettere a fuoco.
Fu su questa scia che feci infatti quella che si può definire a tutti gli effetti una scoperta nell’ambito degli studi bruniani: mostrai per la prima volta che la così detta ‘traduzione’ del Lamento ermetico presente nel terzo dialogo dello Spaccio non era affatto una traduzione letterale come si era pensato fino a quel momento; era invece una vera e propria interpretazione della ‘crisi’ del proprio tempo storico che Bruno sviluppava servendosi del Lamento, ma sottoponendolo a una sostanziale riscrittura del testo alla luce degli obiettivi che si prefiggeva.
Diventava così possibile comprendere che gli angeli nocentes di cui si parla in quel grande testo ermetico erano i riformati, i seguaci di Lutero e di Calvino, i puritani; e in questa prospettiva si poteva anche meglio intendere perché Bruno avesse situato quella ‘traduzione’ nel cuore di un testo nel quale era dominante e sistematica proprio la polemica nei confronti delle sètte riformate. Era una ‘scoperta’, ed è diventata ormai patrimonio comune degli studi su Bruno. […] (dalla Prefazione 2021).