
Giuliano Pajetta
Russia 1932-1934
Pagine: 168.
Formato 15x21 cm., stampato su carta FSC.
Introduzione di Raul Mordenti.
Prefazione di Paolo Spriano.
[...] È assai significativo che Pajetta scelga di rimettere mano, oltre mezzo secolo dopo, proprio a quei suoi anni in Urss. Eppure nella sua vita avventurosa e perfino eroica non gli sarebbero mancati altri argomenti: l’esilio con la sua straordinaria mamma e il fratello Gaspare ancora bambino, la cospirazione antifascista e il primo arresto a 15 anni, dopo, la Russia, la direzione della Federazione Giovanile Comunista in Francia dal ’34 al ’36, la partecipazione alla guerra di Spagna a fianco di Luigi Longo, il ripetuto carcere e le ripetute evasioni in Francia, la Resistenza prima in Francia e poi in Italia, la deportazione nel lager nazista di Mauthausen (e anche lí la lotta!), il ritorno in Italia e la partecipazione alla Costituente, la costruzione del Partito di massa negli anni del dopoguerra, l’incarico presso il Cominform in rappresentanza del Pci a Belgrado e poi a Bucarest, l’esclusione dal Comitato Centrale nel ’51 per la sua amicizia personale con il «dannato» comunista ungherese Rajk, la successiva reintegrazione all’VIII Congresso del ’56, e infine, a partire dal ’65, il lavoro politico in giro per il mondo per la Sezione Esteri del Pci, poi dal ’71 all’81 la Sezione Emigrazione, per la quale aveva realizzato la prima Conferenza Nazionale per l’Emigrazione del Partito nel ’75, etc. Ebbene, fra tutta questa straordinaria materia storica, biografica e anche narrativa, solo in piccola parte toccata nei suoi libri precedenti, Giuliano (che forse, dopo la malattia, sente avvicinarsi la morte) sceglie ora di raccontare il suo «lungo viaggio» nell’Urss all’inizio degli anni Trenta, mentre stende appunti (tuttora inediti) sulla sua esperienza al Cominform; non si può non avanzare l’ipotesi che per lui – come forse per tutti i comunisti – il problema, il problema vero sia ancora e sempre l’Urss e il tentativo operato lí, specie negli anni Venti e Trenta, di dare la scalata al cielo. [...]
Dall'introduzione di Raul Mordenti
«Carissimi, questa volta è da Mosca che mi faccio vivo, il guaio è che voi a quanto sembra non vi fate vivi da nessuna parte, c’è davvero da augurarsi che d’ora innanzi la nostra corrispondenza sia più regolare. Io sono arrivato benissimo dopo un viaggio abbastanza lunghetto e la prima cosa che mi sono preoccupato di fare è stata quella di visitare la città in lungo e in largo. Assicurano che questa è la stagione migliore per godere i grandi bastioni e di una bella primavera ritardata. Gira, gira ho appena incominciato a vedere qualche cosa, vi è un sacco di case e di edifici nuovi e le nuove costruzioni si contano a centinaia e a migliaia. Chi mi ac- compagnava mi spiegava che adesso non solo si vuole costruire molto, ma si vuole costruire anche bene, mi hanno descritto un piano regolatore che vuol fare di Mosca la più bella città del Mondo. Se si lavora col ritmo che ho notato bisogna ben crederci. Per le strade c’è molto movimento di veicoli, quanto ai pedoni non ho visto da nessuna parte tanta gente, buona parte della città però è a soqquadro. Si costruisce o meglio ancora si finisce la ferrovia metropolitana, 70.000 persone vi lavorano quasi tutti giovani, giorno e notte. Anche questo lo vogliono fare il più bello del mondo. Fra tutte queste cose io guardo, mi giro, mi rigiro per non lasciarmi scappar nulla. Ma non passeggio mica soltanto. Mi sono messo a lavorare seriamente, a leggere a studiare. Il guaio è che tutto t’interessa e ti attrae e non sai da che parte cominciare, che cosa sacrificare. Cambiamo argomento se no non la finisco più, io vorrei che mi scriveste specialmente per la salute di Gian di cui sono sempre inquieto. Ditemi anche di voi e di come sembra vadano le cose a Torino. Qui la siccità minacciava molto a quanto sembra, adesso però ha piovuto molto; ho letto che anche in Italia le campagne cominciano a soffrire. Quelle povere pesche penso ne hanno sempre qualcuna. Di a Cocco che mi scriva, se fa la raccolta vedrò di mandargli qualche bel francobollo.Tanti e tanti saluti a voi tutti. Un salutone specialissimo per Gian anche da Michelina».
Giuliano (Dalla lettera alla famiglia del 27- 5-1934)
Giuliano Pajetta (Torino 1915, Livorno 1988). Nel 1931, ancora ragazzo, militante del Pci, per sottrarsi allʼarresto è costretto ad emigrare. Ripara in Francia, poi a Mosca. Torna in Francia nellʼautunno del 1934. Dopo due anni Giuliano Pajetta accorre in Spagna. Ha soltanto 21 anni, ma Luigi Longo, commissario generale delle Brigate Internazionali, lo nomina suo aiutante di campo. Nel 1937, «Giorgio Camen» – suo nome di battaglia – è ferito nella battaglia di Brunete. Rientra in Francia alla caduta della Repubblica. Nel 1939, è di nuovo arrestato, e internato nel campo di Vernet. Vi resta fino al 1941, quando riesce ad ottenere un visto per il Messico. Trasferito nel campo di transito di Les Milles, invece di partire per lʼAmerica latina, Pajetta evade e torna in clandestinità. Nel maggio del 1942 un altro arresto e una condanna a tre anni di carcere, che non sconta completamente perché, nel febbraio del 1944, «Giorgio Camen» evade dal penitenziario di Nimes e raggiunge il Maquis della Francia meridionale. Tre mesi con i partigiani francesi e poi il rientro clandestino in Italia per entrare, a Milano, nel comando del CVL. Nellʼottobre del 44 Pajetta finisce nelle mani delle SS ed è internato a Mauthausen, dove partecipa allʼorganizzazione della resistenza interna. Rientra in Italia dopo la liberazione del campo nel maggio 1945 riprendendo lʼattività di dirigente del Pci. Giuliano Pajetta ha fatto parte dellʼAssemblea costituente ed è stato parlamentare del Pci dal 1948 al 1972. Dal 1972 al 1981 dirige lʼUfficio emigrazione del partito. Tra i suoi libri di memorie ricordiamo: Mauthausen (1946); Douce France. Diario 1941-42 (1956); Ricordi di Spagna. Diario 1937-39 (1977); Russia 1932-1934 (1985).