Ai primi del Novecento l'incontro tra la biologia morfologica e la riflessione filosofica di Heidegger e Gehlen porta a una conclusione importante: nudità, carenza di istinti e stazione eretta costituiscono una condizione di svantaggio rispetto alle altre specie che esige una compensazione culturale. Poiché nasce inadatto, l'essere umano adatta a sé il mondo tramite mani e linguaggio verbale.
Per comprendere il senso della razionalità (e anche dell'irrazionalità) umana, bisogna considerare la specificità biologica e percettiva di un corpo che non ospita alcuna oscura interiorità. Il corpo umano si contraddistingue, in primo luogo, per la sua cronica immaturità: la sensibilità generica e diffusa di un organismo che non si specializza è la fonte di una plasticità genetica e cognitiva che costituisce il luogo d'origine del linguaggio. Attraversando l'etologia e il darwinismo, la scuola della Gestalt e l'approccio ecologico di Gibson, l'autore traccia una linea di pensiero che interpreta il tatto come il cardine della nostra forma di vita.